MARCHI - CONTRAFFAZIONE - Cass. pen. Sez. II, 05-12-2017, n. 55079

MARCHI - CONTRAFFAZIONE - Cass. pen. Sez. II, 05-12-2017, n. 55079

In materia di contraffazione di marchi e segni distintivi, non ricorre l'ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità di inganno dei consumatori. Il delitto di cui all'art 474 c.p., invero, è reato di pericolo, per la cui configurazione non serve la realizzazione della lesione del consenso negoziale dell'acquirente.Cass. pen. Sez. II, 05-12-2017, n. 55079

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO D. - Presidente -

Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere -

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero - Consigliere -

Dott. BORSELLINO M. - rel. Consigliere -

Dott. CIANFROCCA P. - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.E., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 14/12/2015 della CORTE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA DANIELA BORSELLINO.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

La CORTE di APPELLO di ROMA, con sentenza in data 14/12/2015, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di ROMA, in data 22/10/2013, nei confronti di C.E. in relazione al reato di cui all' art. 474 c.p., per avere detenuto otto fascette, abusivamente riproducenti l'effige della cantante P.L., che offriva in vendita stazionando all'interno del palazzetto dello Sport di Roma dove si teneva il concerto della cantante.

Propone ricorso per cassazione l'imputato, deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell'imputato, attesa la grossolanità della contraffazione addebitata e le modalità di vendita tali da impedire la stessa possibilità di un inganno.

2) Vizio di motivazione per manifesta illogicità e assoluta incompletezza dell'esposizione delle ragioni poste a sostegno del provvedimento impugnato, poichè la corte territoriale non ha dato conto delle censure mosse dalla difesa con il gravame.

3) contraddittorietà della motivazione in relazione alle risultanze processuali;

4) Violazione del principio del ragionevole dubbio in quanto l'accertamento sula perfesione delle fascette poste in vendita è dubbioso.

I motivi sono manifestamente infondati.

Deve premettersi che è' inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per vizi di motivazione i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa (Sez. 6, sent. n. 800 del 06/12/2011, dep. 12/01/2012, Bidognetti e altri, Rv. 251528), e quello fondato su una caotica esposizione delle doglianze, dal tenore confuso e scarsamente perspicuo, che renda particolarmente disagevole la lettura e che esuli dal percorso di una ragionata censura della motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 2, sent. n. 7801 del 19/11/2013, dep. 19/02/2014, Hussien, Rv. 259063).

Nel caso in esame la difesa ha esposto in modo generico e confuso diverse censure generiche relative alla motivazione, affastellando definizioni e massime giurisprudenziali, senza tuttavia pervenire all'individuazione degli specifici passaggi delle argomentazioni del giudizio di responsabilità che risultano illogici o contraddittori.

Il ricorrente si è inoltre limitato a riproporre le medesime censure già avanzate con l'atto di appello, senza in alcun modo confrontarsi con l'esaustiva argomentazione esposta dalla corte territoriale sul punto, e ciò palesa la manifesta infondatezza del ricorso.

Anche il motivo di censura più specifico, attinente alla grossonalità della contraffazione è inammissibile, in quanto la Corte di appello si è correttamente conformata - quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati - al consolidato orientamento di questa Corte di legittimità (da ultimo, Sez. 5, n. 5260 dell'11/12/2013 - 03/02/2014, Rv. 258722), per la quale integra il delitto di cui all'art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l'art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell'acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno non ricorrendo quindi l'ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile- il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Motivazione semplificata.

Depositata in Cancelleria il 11 dicembre 2017

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2017.


Avv. Francesco Botta

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